Mare più caldo, meno cibo per i mitili
Le mutazioni nell'Alto Adriatico studiate dall'Ogs riguardano soprattutto la riduzione del fitoplancton e di altri organismi. (da Il Piccolo, 30/7/2019)
Il costante aumento della temperatura superficiale del nord Adriatico, insieme ad altri cambiamenti indotti dall’intervento umano, sta modificando gradualmente le comunità marine che popolano il nostro golfo. A partire dai microorganismi, che rappresentano circa il 90% della biomassa totale degli oceani: il fitoplancton, che attraverso la fotosintesi rimuove il diossido di carbonio dall’atmosfera e rappresenta il primo anello della catena alimentare marina, negli ultimi 40 anni non si è ridotto solo quantitativamente, ma anche a livello di dimensioni, con comunità composte da microrganismi sempre più micro. Ciò si riflette a ruota sugli altri livelli della catena alimentare: per esempio anche i mitili, che di fitoplancton si nutrono, crescono con maggiore difficoltà.
A spiegarlo è Paola Del Negro, direttrice generale dell’Ogs, cui abbiamo chiesto di raccontarci come l’aumento di temperatura del nostro mare da 1.1 a 1.3 gradi in un secolo – riscontrato grazie alle serie temporali di dati recentemente ricostruite dai ricercatori dell’Istituto di scienze marine del Cnr – influisca sulla vita degli organismi che popolano il nostro golfo. «All’Ogs abbiamo una lunga serie temporale di dati riferiti alle comunità marine del nostro golfo, che per alcune risale agli anni ’70 – evidenzia Del Negro -. Le osservazioni più rilevanti riguardano i cambiamenti delle comunità planctoniche, la base della catena alimentare marina. Prima degli anni ’80 nel nostro golfo erano presenti grandi fioriture fitoplanctoniche, che davano addirittura origine a maree colorate: si parlava di eutrofizzazione, un eccessivo accrescimento del fitoplancton che poteva causare nei fondali fenomeni di anossia, facendo da scudo agli scambi d’ossigeno con l’atmosfera».
Per limitare questo fenomeno si è puntato alla riduzione del fosforo, uno tra i principali fertilizzanti marini, nei detersivi. A ciò si è sommata la normativa europea, che ha fortemente regolamentato la depurazione di tutti gli scarichi che vanno a mare, con un’ulteriore riduzione del fosforo e dei sali nutritivi che prima si sversavano in mare, portando al fenomeno opposto dell’eutrofia, l’oligotrofia, una povertà di sostanze nutritive per il fitoplancton. A questo intervento si sono sommati i mutamenti climatici: l’aumento della temperatura dell’acqua e gli sconvolgimenti negli apporti fluviali, sempre meno legati alla stagionalità e sempre più soggetti a eventi meteorologici estremi, hanno causato squilibri nel sistema, che era abituato a ricevere dai fiumi l’apporto di sali nutritivi in periodi ben determinati. Negli anni ’80 e fino a inizio 2000 in Adriatico hanno proliferato le mucillagini, un chiaro segnale del mancato funzionamento dell’ecosistema. Le comunità che vivono nel nostro golfo, che si sono adattate a grandi variazioni termiche stagionali, si stanno adattando anche al generale impoverimento di sostanze nutritive: la conseguenza per ora più evidente è la riduzione delle dimensioni dei microrganismi planctonici e, a catena, degli organismi che di plancton si nutrono, come i mitili. In più il nostro mare oggi è popolato da specie aliene, come la noce di mare, che ne hanno modificato ulteriormente gli equilibri.
«L’Alto Adriatico è molto diverso rispetto a una cinquantina d’anni fa e c’è il rischio che il surriscaldamento globale porti a una modificazione drastica delle comunità marine, con un impatto importante anche sulla vita dell’uomo», conclude Del Negro.
Giulia Basso